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Annibale Caro, il cittadino più illustre che Civitanova abbia mai avuto, scrittore, traduttore e poeta, rimatore e commediografo, nacque il 6 giugno 1507 da Giovambattista Caro - aromatario agiato che aveva ricoperto anche alcune importanti cariche pubbliche - e da Celanzia Centofiorini, di una nobile famiglia del luogo.
Condusse i primi studi nella cittadina natale ed a Fermo sotto la guida dell'umanista Rodolfo Iracinto di Monterubbiano (FM), in onore del quale appena quattordicenne compose un epigramma in esametri a testimoniare la sua precoce vocazione letteraria.
Nel 1525 si trasferì a Firenze, uno dei più importanti centri culturali e finanziari d'Italia, dove ebbe modo di conoscere il Varchi e fu introdotto in casa del banchiere Luigi Gaddi quale precettore dei suoi nipoti. Ma mantenne solidi rapporti con il paese natio, dove tornò più volte, per rivedere fratelli e nipoti, curare i propri interessi di piccolo proprietario, e venire incontro alle richieste della comunità di Civitanova che, ad esempio, grazie al suo interessamento, fu liberata dal pagamento di un tributo alla Camera Apostolica e da cui ottenne per sé e la sua famiglia, l'esenzione, fino alla terza generazione, da ogni imposta.
Si trasferì successivamente a Roma, in qualità di segretario di Mons. Giovanni Gaddi, fratello di Luigi, che occupava un posto importante nella gerarchia ecclesiastica del tempo.
Nei suoi frequenti viaggi ebbe modo di entrare in contatto anche con la società letteraria napoletana, fino a quando entrò nell'orbita della famiglia Farnese, in qualità di Segretario di Pier Luigi, per cui fece lunghi viaggi in Francia e nelle Fiandre, diventando infine consigliere del neonato ducato di Parma e Piacenza.
Nel 1543, su committenza del suo nuovo padrone, il Caro si cimentò per la prima volta a scrivere un testo teatrale in cinque atti, Gli Straccioni, che si sarebbe rivelata una delle più importanti e vivaci commedie del cinquecento, da qualcuno definita prototipo della commedia borghese italiana. In esso l'autore manifesta particolare attenzione alla definizione stilistica dei personaggi, specialmente dei caratteri minori; e le sue doti di letterato fine ed arguto danno all'opera un tono di piacevolezza ed eleganza.
Nel 1555 il Cardinal Alessandro Farnese gli fece conferire il titolo di Cavaliere di Grazia dell'Ordine di Malta e gli demandò una sua commenda gerosolimitana a Montefiascone (VT); titoli degni di un nobile, che gli fecero raggiungere l'apice del prestigio sociale. Negli anni a seguire, terminato il servizio presso il Farnese, potette tornare a Roma, dove visse anni di relativa serenità.
Infatti, nel 1563 si ritirò a vita privata, alternando la propria dimora tra Roma e la villetta che si era fatto costruire nei pressi di Frascati (la "Caravilla"): in questi anni di otium intellettuale cominciò a tradurre, con lo spirito libero che contraddistinse la sua vita, l'Eneide di Publio Virgilio Marone, sperimentando la validità del volgare rispetto alla lingua latina, traduzione che sarebbe stata ammirata per l'armonia e la musicalità dei suoi versi.
Tra le sue altre opere più apprezzate un Canzoniere, che comprende un centinaio di sonetti e cinque canzoni, la libera traduzione dal greco degli Amori Pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista, che rese il romanzo un'opera dal gusto raffinato conservandone la grazia originale, e soprattutto le centinaia e centinaia di Lettere, di argomento vario, non singolari per novità di pensiero, ma elegantissime e ricche di acume psicologico e di spirito di osservazione, uscite in più edizioni postume.
Celebre la sua polemica letteraria con Lodovico Castelvetro (1507-1571) che lo costrinse a scrivere l'Apologia.
Annibal Caro morì nella sua ultima dimora di Roma il 17 novembre 1566 ed è sepolto nella Basilica di San Lorenzo in Damaso a Roma.
(a cura di Paolo Pietrella e Alvise Manni)
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